venerdì 10 gennaio 2014

"Pollock e gli Irascibili"

Considerazione sulla mostra "Pollock e gli Irascibili" presente fino al 16 febbraio a Palazzo Reale, Milano 



La mostra ha presentato ai visitatori il panorama artistico che negli anni '50 vedeva come protagonista la città di New York. Questo nuovo centro di riferimento artistico racchiude una profonda rottura con la tradizione, portata avanti dai giovani artisti americani che all'epoca si stavano affermando. 
La radicale trasformazione dell'arte passata è determinata da un abbandono della figuratività per dare spazio alla libertà del segno pittorico dell'artista e il rapporto che questo ha con la tela stessa, spesso di grandi dimensioni. Il contesto storico è fondamentale per capire l'arte del periodo, siamo alla fine della seconda mondiale, il mondo ha visto davanti a sé morte e distruzione e gli artisti allo stesso modo, forse con una sensibilità in più, vivono questo tragico momento. C'è un profondo desiderio di cose nuove e di dare una scossa a quel ''ritorno all'ordine'' che gli artisti ritenevano colpevole della grande guerra ed è così che si sviluppa l'Espressionismo astratto. I due rami di questo nuovo movimento americano sono l'Action Painting che vede come maggior esponente Jackson Pollock e la gestualità del segno pittorico e il filone del Color Field, diversamente caratterizzato da una meditata distribuzione del colore sulla tela generando, con questa tecnica, un quadro meditativo che vive grazie alla interazione tra fruitore e artista. Uno dei maggiori esponenti del color Field è Marc Rothko, che abbiamo ammirato nel percorso conclusivo della mostra. Ma non solo, il gruppo degli Irascibili, così chiamati dopo essere stati esclusi da una mostra organizzata nel Metropolitan Museum Art di New York del 1950, comprende tra gli altri Willem de Kooning, Franz Kline, Arshile Gorky, Robert Motherwell, Clyfford Still, dalla moglie di Pollock, Lee Krasner .
L'ambiente proposto a Palazzo reale, con la sua luce soffusa e le pareti nere ti portava a porre la giusta attenzione sugli artisti presenti e meditare sul loro operato. Il dipinto che mi ha colpito di più e forse il fulcro della mostra è stato il Number 27 del 1950 di Jackson Pollock. Guardarlo da vicino è di grande impatto, soprattutto pensando alla tecnica usata, quella del dripping, ci si può immaginare l'artista all'opera. Camminando intorno alla tela fa colare questi colori che si sovrappongono, come a strati uno sull'altro. L'effetto del grigio metallico conferisce un maggior peso all'opera e cattura maggiormente l'attenzione. Proseguendo, nella sala adiacente, la visione del filmato a testa in su, di Pollock all'azione, è stata oltre che rilassante, suggestiva. Alzando lo sguardo si poteva leggere una frase molto bella dell'artista, che è sostanzialmente la traduzione in parole di quello che appena un attimo prima abbiamo visto nel filmato. La frase diceva : “ Non dipingo sul cavalletto (…) sul pavimento mi trovo più a mio agio. Mi sento più vicino al dipinto, quasi come fossi parte di lui,  in questo modo posso camminarci attorno, lavorarci da tutti e quattro i lati ed essere letteralmente dentro al dipinto. (…)” 
Molti altri artisti si susseguono a Pollock, ognuno con uno stile diverso, ma con un esperienza forte di vita che li accomuna, sopratutto per la guerra vissuta. Diciamo che ognuno porta la sua esperienza e la fine tragica che accomuna la maggior parte di questi artisti sta secondo me nella loro natura stessa dell' artista visto come figura sensibile e fragile. Un artista vede le cose con un occhio diverso dagli altri e riesce a trasmettere il suo dramma interiore. 
Prendiamo Willhelm de Kooning presente nelle sale successive a Pollock. Lui ci presenta una donna aggressiva del dopoguerra o Kline ci presenta la contraddizione della vita metropolitana attraverso forti e violente contrapposizioni di bianco e nero.
L'altro artista che mi ha colpito molto, e purtroppo c'erano solo due delle sue opere è Marc Rothko. Mi aveva affascinato già a lezione ma vedere le sue grandi opere davanti è stato sicuramente stimolante. Ho voluto sedermi difronte ai suoi quadri per fare come lui voleva, cioè fermarsi e riflettere. I colori erano caldi ma la stesura aveva un non so che di inquietante, forse perchè ricordavo la forma rettangolare generata dal colore richiamare la tomba ebraica. Apprezzo molto questo artista e soprattutto la coerenza tra l'obbiettivo della sua arte e le scelte nella vita. Come rinunciare all'incarico dei dipinti per la sala del Four Seasons al Seagram Building a New York. Avrebbe potuto forse dare una svolta alla sua vita ma il suo concetto di arte non era degno dei ricchi che avrebbero seduto al tavolo di questo ristorante. 
Insomma nel complesso la mostra è stata molto stimolante e sicuramente vedere con i propri occhi ciò che si studia sui libri ti fa riflettere maggiormente. Soprattutto si parlava della grandezza dei dipinti, poi quando li vedi dal vivo ti rendi veramente conto di quanto siano grandi e dell'intensità dei colori e delle forme.
Peccato fosse poco presente Pollock ma osservare i lavori degli Irascibili ti dà un ampia visione dell'arte del periodo e cosa era cambiato negli animi delle persone.

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